La Manovra correttiva 2011-2014: effetti sulle persone con disabilità!

La Camera dei Deputati ha dunque approvato definitivamente la Manovra correttiva. L’iter di presentazione e di conversione del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) è stata fulmineo ed anomalo, sulla spinta dei timori per i mercati finanziari e per i richiami dell’Unione europea.
L’approvazione è avvenuta senza un sostanziale dibattito parlamentare. Lo stesso maxi-emendamento governativo, che inasprisce ancora di più le nuove misure, è stato approvato con la fiducia. Si tratta di una Manovra dagli effetti pesantissimi per le famiglie tutte e ancora di più per le persone con grave disabilità. Per una coincidenza la Manovra viene approvata proprio mentre ISTAT presenta il proprio Rapporto annuale sulla povertà in Italia, da cui risulta che 3 milioni e 129mila persone cioè il il 5,2% della popolazione, vive in stato di povertà assoluta, e circa 8 milioni di italiani rischiano a breve di cadere nella stessa condizione.

 

Taglio delle agevolazioni fiscali

Non solo l’iter di approvazione della Manovra è stato rapidissimo, ma dopo la prima stesura sono intervenute modificazioni per renderla ancora più incisiva sul piano dei conti: recuperare con certezza 24 miliardi dagli interventi su fisco e assistenza.
Ciò ha comportato l’approvazione di un comma che prevede una diminuzione di moltissime agevolazioni fiscali per la maggioranza dei contribuenti. Per l’esattezza la diminuzione sarà pari al 5% dal 2013 e al 20% nel 2014.
Gran parte di queste riduzioni riguardano le famiglie e investono le più comuni detrazioni e deduzioni che la maggioranza dei contribuenti applica al momento della presentazione della denuncia dei redditi: detrazioni per lavoro dipendente, deduzioni per la prima casa, detrazioni forfettarie per carichi di famiglia (figli, coniuge...), detrazioni per spese sanitarie e così via. Fra le agevolazioni viene ridotta anche la possibilità di dedurre le spese mediche di assistenza specifica per le persone con grave disabilità (es. infermiere, terapista) nonché di detrarre le spese per ausili, veicoli, sussidi tecnici informatici, cani guida per non vedenti, deduzioni e detrazioni per le badanti.
Questa riduzione sostanziale inciderà su tutte le famiglie ma in modo ancora più decisivo sui nuclei in cui è presente una persona anziana non autosufficiente o con disabilità.
Spieghiamo il perché.
Le diminuzioni di detrazioni e deduzioni vengono pagate da tutti i contribuenti, inclusi quelli che hanno a loro carico una persona con disabilità. In aggiunta, però, questi ultimi vedranno ridurre anche le specifiche detrazioni e deduzioni a loro riservate e riferibili a maggiori (e inevitabili) spese sostenute. Ad esempio, oltre a detrarre di meno le spese sanitarie – come la generalità dei contribuenti – potranno dedurre cifre inferiori al passato sull’assistenza medica e paramedica, sulle spese per gli ausili, sulle spese per l’assistenza ai non autosufficienti e così via.
Non è tutto. Le deduzioni per l’assistenza specifica in caso di grave handicap operano sul reddito imponibile, abbassandolo, diversamente dalle detrazioni che invece abbassano percentualmente l’imposta. In futuro, quando quelle deduzioni saranno possibili solo riducendole del 20%, il rischio è che il reddito lordo superi determinate soglie e quindi venga tassato con un’aliquota superiore che in precedenza.
Alcune testate giornalistiche oggi hanno formulato le prime ipotesi del costo che ogni famiglia dovrà sopportare dal 2013 (redditi 2012): Repubblica ipotizza circa 700 euro, il Corriere della Sera circa 1.000 euro a famiglia. Si tratta di elaborazioni che si riferiscono ad una famiglia “media”, ma pensando alle spese tipiche della non autosufficienza sono stime fortemente sottodimensionate.
La Manovra sembra lasciare uno spiraglio, ma in realtà non lo è. L’articolo 40 precisa che queste restrizioni non si applicano qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonché la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, tali da determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro per l’anno 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014.”
Nella sostanza: o si taglia sull’assistenza e in generale sulla spesa sociale per 24 miliardi, o rimangono in vigore quelle riduzioni nelle agevolazioni fiscali.
Diviene, quindi, centrale l’approvazione della legge delega sulla riforma del fisco e dell’assistenza, ma con queste premesse anche l’attesa “riforma” ha tutte le premesse per rivelarsi molto rischiosa per le persone anziane o con disabilità.
Si noti quella frase citata poco sopra: “eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali”. Che significa “si sovrappongono”? Il fatto stesso che ci si possa porre questa domanda significa che c’è ampio margine di discrezionalità per poter decidere – in un domani molto vicino – che chi accede a prestazioni sociali o sanitarie agevolate non abbia più diritto ad agevolazioni fiscali. Si potrebbe arrivare a sostenere che, per un figlio che percepisce l’indennità di accompagnamento o di frequenza, non si ha diritto alla detrazione per figli a carico, oppure se si ottiene un assegno di cura o per la vita indipendente non si può più detrarre/dedurre gli oneri relativi ad una badante.
Ancora una volta, con queste premesse, anche la riforma fiscale e assistenziale inciderà in misura maggiore, rispetto agli altri Cittadini, sulle persone non autosufficienti, con disabilità e sulle loro famiglie.

Invalidità civile e contenzioso

La Manovra tenta di intervenire per limitare contenzioso che riguarda l’invalidità, la cecità e la sordità civile, ma anche l’inabilità e l’invalidità “pensionabili”, cioè quelle riconosciute ai lavoratori, con un minimo di versamenti contributivi, divenuti disabili parziali o totali nel corso della carriera lavorativa.
Bisogna sapere che la giacenza dei contenziosi legati all’invalidità civile, a fine 2009, era di 292.726 casi. I nuovi ricorsi nel 2009 sono stati 114.664, ma va tenuto conto che non si era ancora conclusa la prima fase dei controlli straordinari e che nel corso del 2011 ce ne saranno altri 250.000 con un inevitabile incremento del contenzioso.
Un ultimo dato interessante è quello relativo alle cause concluse nel corso del 2009: sono 137.154. Il Giudice ha dato ragione all’INPS in 58.866 casi. Meno della metà, visto che in 64.063 casi il Giudice ha dato ragione agli invalidi.
Tempi e risorse che l’INPS intende diminuire, per certi versi giustamente, e che il testo della Manovra recepisce nell’articolo denominato Processo civile ed altre disposizioni per la maggior efficienza della giustizia. Questo presenta interventi che, nelle intenzioni di chi ha elaborato il testo, vengono proposti come una forma di tutela per il Cittadino. In realtà, per quanto riguarda le invalidità civili, l’intento è quello di ridurre e limitare il contenzioso, non sempre garantendo la “parità” fra le parti. Vediamo di cosa si tratta.

Nuove modalità di ricorso

Attualmente chi vuole opporsi ad una decisione dell’INPS in materia di invalidità o di handicap presenta ricorso al Giudice, allega memorie, documentazione sanitaria, perizie di parte. Il Giudice nomina un CTU, Consulente Tecnico dell’Ufficio, incaricato di stendere una relazione peritale che poi il Giudice acquisisce, assieme alle eventuali memorie, perizie, documentazioni della controparte. I tempi, spesso, sono molto lunghi e possono arrivare ad alcuni anni prima della sentenza del Giudice.
Il testo del Decreto Legge 98/2011 (art. 38, comma 1) modifica il Codice di procedura civile, introducendo uno nuovo articolo specifico per queste situazioni: l’articolo 445 bis. Questo articolo prevede l’accertamento tecnico preventivo obbligatorio. L’obiettivo è di risolvere il contenzioso in tempi più rapidi e senza sovraccaricare la giustizia civile di ripetute udienze. Teoricamente positivo come intento.
Il Cittadino che intenda opporsi ad una decisione (esempio più frequente: un verbale di invalidità) dell’INPS, non presenta più il ricorso introduttivo per il giudizio, ma presenta, sempre al Tribunale, l’istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Insomma non si va subito “in causa” ma si chiede una consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite (con ciò che comporta poi in termini di processo verbale in caso di conciliazione).
Il Giudice nomina il consulente tecnico. Il consulente tecnico provvede a stendere la relazione e, prima di depositarla, tenta la conciliazione fra le parti.
Senza accertamento tecnico preventivo il Giudice non procede. Alla prima udienza, se rileva che non è stata presentata l’istanza o non è stato completato l’accertamento tecnico preventivo, concede al massimo altri 15 giorni di tempo.
Terminate le operazioni di consulenza, il Giudice, con decreto comunicato alle parti (INPS e Cittadino), fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio.
In assenza di contestazione, il Giudice, entro trenta giorni, omologa con decreto l’accertamento del requisito sanitario presentato nella relazione del consulente.
Il decreto è inappellabile, cioè non si possono più presentare ricorsi. Gli enti competenti (es. INPS) provvedono, dopo la verifica degli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
Al contrario, nei casi di mancato accordo, la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso lo stesso Giudice, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
La successiva sentenza – secondo quanto previsto dalla Manovra – è inappellabile e questa limitazione ad un solo grado di giudizio lascia alquanto perplessi, perchè contrario agli stessi principi del nostro diritto.
In un successivo passaggio (art. 38, comma 8), la Manovra interviene ancora sulla partecipazione dell’INPS nella definizione della relazione peritale del consulente tecnico di ufficio. La Manovra modifica una norma già esistente (art. 10, comma 6-bis, Legge 2 dicembre 2005, n. 248) con l’intento di rendere più semplice la partecipazione del medico legale INPS, rispetto alla partecipazione dell’eventuale consulente della controparte (Cittadino).
Le nuove disposizioni dovrebbero entrare in vigore dal primo gennaio 2012. È da capire se riguarderanno anche i ricorsi già depositati oppure solo quelli presentati dopo quella data.

Dubbi applicativi

Le nuove disposizioni lasciano aperti non pochi interrogativi.
Ci si chiede, ad esempio, perché non sia stata ipotizzata la reintroduzione, magari aggiuntiva a quanto già previsto in Manovra, di una qualche forma di ricorso amministrativo. Oppure della formalizzazione dell’istanza di riesame presso lo stesso INPS, cioè del potenziamento e della pubblicizzazione della possibilità per il Cittadino di richiedere all’INPS di riesaminare il caso proprio per evitare contenzioso.
Nella logica complessiva, poi, il ruolo del consulente tecnico dell’ufficio diviene centrale e dirimente, il che – in via teorica – non è scorretto trattandosi di appurare uno status sanitario su cui il Giudice non ha stretta competenza professionale.
Ma ciò lascia aperti ed amplifica i notevoli problemi segnalati quotidianamente rispetto alle reali specifiche competenze delle migliaia di consulenti “a disposizione” dei Tribunali. Nessuna norma precisa, ad esempio, che il consulente deve essere un medico legale oppure un medico specialista nella patologia da esaminare. Conseguentemente non è infrequente incontrare casi in cui a svolgere l’attività di consulenza siano medici con specializzazioni molto lontane dalla patologia da esaminare (es. dermatologi, ginecologi, medici dello sport chiamati a valutare casi di distrofia, lesione spinale, morbo di Alzheimer...).
Infine, vi sono degli aspetti, più o meno evidenti, di “conflitto di interessi”, mai sufficientemente accertati dai Giudici. Chi svolge o ha già svolto attività professionale per l’INPS è corretto che sia chiamato come consulente in una perizia che vede l’Istituto come parte in causa?
In sintesi, si ha l’impressione che, se da un lato i tempi potrebbero essere abbreviati (forse, poiché nessuna disposizione precisa i tempi del Giudice per nominare il consulente, né il tempo di quest’ultimo per redigere la relazione), dall’altro le garanzie per il Cittadino saranno sicuramente inferiori.
E sempre a proposito di tempi, lascia perplessi il limite di 120 giorni entro in quale l’ente dovrebbe provvedere al pagamento delle eventuali provvidenze: nell’era dell’informatica e della telematica, e visto il tipo di accertamenti davvero minimi da eseguire, quattro mesi di tempo sembrano davvero esagerati, visti soprattutto i dichiarati intenti semplificatori del Legislatore. È chiaro che quel limite è fissato anche in funzione degli interessi legali (altra spina nel fianco dell’INPS) che, in questo modo, decorrono dal centoventunesimo giorno e non dalla data del sentenza.

Anche il primo accertamento all’INPS?

E nel testo della Manovra (art. 18, comma 22) troviamo anche un comma che ci si aspettava ormai da anni: «Ai fini della razionalizzazione e dell’unificazione del procedimento relativo al riconoscimento dell’invalidità civile, della cecità civile, della sordità, dell’handicap e della disabilità, le regioni, anche in deroga alla normativa vigente, possono affidare all’Istituto nazionale della previdenza sociale, attraverso la stipula di specifiche convenzioni, le funzioni relative all’accertamento dei requisiti sanitari».
Nella sostanza, si apre concretamente la possibilità che, oltre alla funzione di ricezione delle domande, di erogazione delle provvidenze economiche, di verifica dei verbali, di presenza in giudizio, passi completamente all’INPS anche la fase di primo accertamento ora attribuita alle Regioni che lo effettuano tramite le proprie Commissioni ASL (nelle quali è già presente un medico INPS). In pratica, in alcune Regioni, l’intera “filiera” potrebbe diventare di competenza INPS.
Da far notare che questa “unificazione” riguarderebbe anche la valutazione dell’handicap (Legge 104/1992) e della disabilità (Legge 68/1999 ai fini del collocamento mirato).

Scuola e sostegno

Un articolo specifico è dedicato, nella Manovra, alla razionalizzazione della spesa relativa all’organizzazione scolastica (articolo 19). Il comma 11 è dedicato al sostegno rivolto agli alunni con disabilità.
Il primo periodo rammenta (non potrebbe fare altrimenti dopo i reiterati pronunciamenti giurisprudenziali) che è possibile istituire, per gli insegnanti di sostegno, posti in deroga allorché si renda necessario per assicurare la piena tutela dell’integrazione scolastica.
Il periodo successivo, tuttavia, stabilisce che l’organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili.
Si precisa che la scuola provvede ad assicurare «la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe». Si tratta di una indicazione a doppio taglio: se da un lato si sottolinea, opportunamente, che l’azione di sostegno riguarda tutto il personale docente, dall’altro l’aver inserito tale indicazione immediatamente dopo l’ennesimo rapporto (1:2) rende la precisazione foriera di equivoci («se non ci sono insegnanti di sostegno a sufficienza, ci pensino i docenti curricolari»).
Senza aggiungere alcunché in termini di finanziamenti specifici, il comma precisa che, nell’ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale «viene data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili».
Quantomeno singolare l’ultimo periodo che prevede la presenza obbligatoria del medico INPS nelle «commissioni mediche di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di valutazione della diagnosi funzionale istitutiva del diritto all’assegnazione del docente di sostegno all’alunno disabile». In realtà la definizione della diagnosi funzionale non è una competenza della Commissione ex Legge 104/1992. Inoltre non è propriamente la diagnosi funzionale ad essere istitutiva del diritto in parola ma semmai il profilo dinamico funzionale (nemmeno questo di competenza di quella Commissione) unitamente alla certificazione di “alunno con handicap”.
Nell’evidente svarione, emerge comunque netto il retropensiero secondo cui la presenza di un medico INPS (indipendentemente dalle sue specifiche competenze professionali in questi ambiti) sia sinonimo di garanzia di rigore e correttezza.

 

Spesa protesica e ticket

La Manovra fissa alcuni punti fermi nel controllo della spesa sanitaria (aggiuntivi a quelli relativi alla spesa per il personale). L’obiettivo di risparmio, già definito negli anni passati, è rafforzato da ulteriori misure. Una di queste riguarda la spesa per i dispositivi medici e la spesa protesica (ausili, protesi, ortesi).
A partire dal 2013 (art. 17, comma 1, lett. c) la spesa sostenuta direttamente dal Servizio Sanitario Nazionale per l’acquisto di dispositivi medici, compresa quella protesica, è fissata entro un tetto a livello nazionale e a livello di ogni singola regione. Il tetto di spesa è riferito rispettivamente al fabbisogno sanitario nazionale standard e al fabbisogno sanitario regionale standard.
L’eventuale “sforamento” è recuperato interamente a carico della Regione attraverso misure di contenimento della spesa sanitaria regionale o con misure di copertura a carico di altre voci del bilancio regionale. Questa rigida compressione della spesa avrà delle probabili conseguenze, ancora da definire, nella qualità delle prestazioni protesiche attualmente riservate alle persone con disabilità.
L’altra novità, la cui entrata in vigore dovrebbe essere immediata, è l’introduzione del cosiddetto super-ticket di 10 euro sulle prestazioni specialistiche. In realtà le modalità di applicazione sono affidate alle Regioni. Queste possono decidere, in base alle loro disponibilità di bilancio, se applicarlo in toto o in parte o in forma diversificata ai Cittadini. In estrema sintesi, la Manovra richiede “solo” che per ogni prestazione specialistica si recuperino 10 euro. Ovviamente le Regioni più dissestate economicamente quei dieci euro aggiuntivi dovranno chiederli ai Cittandini, senza sconto alcuno.

Patto di stabilità e indicatori di virtuosità

La Manovra interviene nuovamente sul patto di stabilità (che impegna Stato ed enti locali a mantenere la spesa entro certi limiti) introducendo (articolo 20) i parametri di virtuosità. Il rispetto di questi parametri condizionerà la possibilità per gli enti locali, di derogare dal patto di stabilità. Fra i parametri previsti, a fianco del possesso del numero di auto blu, del numero di sedi di rappresentanza ed altri indicatori, viene indicato anche il “tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale”, cioè di servizi sociali quali case di riposo e di ricovero, asili nido, convitti, campeggi, case per vacanze, ostelli; le colonie e soggiorni stagionali, corsi extra scolastici di insegnamento di arti e sport, gli impianti sportivi, le mense.
Si tratta quindi di servizi a fortissimo impatto sociale, su cui gli enti locali e le regioni hanno operato scelte diverse in termini di partecipazione alla spesa da parte dei Cittadini.
La disposizione rischia di produrre un effetto deleterio sulle politiche sociali delle regioni, già duramente provate dagli scarsissimi trasferimenti degli ultimi anni, e soprattutto sui Cittadini che devono rivolgersi ai servizi pubblici per supporto e assistenza.
Il parametro adottato attribuisce maggiore virtuosità alle Regioni che garantiscono meno servizi ai Cittadini, o che richiedono una maggiore partecipazione alla spesa.
Per compensare questo rischio di distorsione, anche su pressioni della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, è stato inserito, all’articolo 20, un ulteriore comma.
Vi si precisa che “a decorrere dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dalla definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere gli enti territoriali nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali, tra i parametri di virtuosità (...) sono compresi indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell’offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità -costi”.
Il comma è interessante e, per molti versi innovativo, perchè – per la prima volta inserisce anche l’esigenza di una valutazione qualitativa dei servizi dalla parte del Cittadino. Inoltre, e non è cosa di poco conto in una Manovra di questo tenore, richiama la determinazione dei livelli essenziali delle prestazione ed anche delle funzioni fondamentali degli enti territoriali. Resta da comprendere come possano, gli enti territoriali, in assenza o quasi di trasferimenti per la spesa sociale garantire quelle funzioni fondamentali richiamate dal Legislatore.

15 luglio 2011

Carlo Giacobini
Direttore responsabile di HandyLex.org
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Testo non ufficiale: “Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”.”

(omissis)

Art. 17
Razionalizzazione della spesa sanitaria
1. Al fine di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato per il 2013 è incrementato dello 0,5% rispetto al livello vigente per il 2012 ed è ulteriormente incrementato dell'1,4% per il 2014. Conseguentemente, con specifica Intesa fra lo Stato e le regioni, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, da stipulare entro il 30 aprile 2012, sono indicate le modalità per il raggiungimento dell'obiettivo di cui al primo periodo del presente comma. Qualora la predetta Intesa non sia raggiunta entro il predetto termine,al fine di assicurare per gli anni 2013 e 2014 che le regioni rispettino l'equilibrio di bilancio sanitario, sono introdotte, tenuto conto delle disposizioni in materia di spesa per il personale di cui all'articolo 16, le seguenti disposizioni negli altri ambiti di spesa sanitaria:
a) nelle more del perfezionamento delle attività concernenti la determinazione annuale di costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura da parte dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e anche al fine di potenziare le attività delle Centrali regionali per gli acquisti, il citato Osservatorio, a partire dal 1° luglio 2012, attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all'articolo 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, fornisce alle regioni un'elaborazione dei prezzi di riferimento, ivi compresi quelli eventualmente previsti dalle convenzioni Consip, anche ai sensi di quanto disposto all'articolo 11, alle condizioni di maggiore efficienza dei beni, ivi compresi i dispositivi medici ed i farmaci per uso ospedaliero, delle prestazioni e dei servizi sanitari e non sanitari individuati dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico del Servizio sanitario nazionale. Ciò, al fine di mettere a disposizione delle regioni ulteriori strumenti operativi di controllo e razionalizzazione della spesa. Le regioni adottano tutte le misure necessarie a garantire il conseguimento degli obiettivi di risparmio programmati, intervenendo anche sul livello di spesa per gli acquisti delle prestazioni sanitarie presso gli operatori privati accreditati;
b) in materia di assistenza farmaceutica ospedaliera, al fine di consentire alle regioni di garantire il conseguimento degli obiettivi di risparmio programmati compatibili con il livello di finanziamento di cui al primo periodo del presente comma, a decorrere dall'anno 2013, con regolamento da emanare, entro il 30 giugno 2012, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le procedure finalizzate a porre a carico delle aziende farmaceutiche l'eventuale superamento del tetto di spesa a livello nazionale di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, nella misura massima del 35% di tale superamento, in proporzione ai rispettivi fatturati per farmaci ceduti alle strutture pubbliche, con modalità stabilite dal medesimo regolamento. Qualora entro la predetta data del 30 giugno 2012 non sia stato emanato il richiamato regolamento, l'Agenzia italiana del farmaco, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 11, comma 7, lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, a decorrere dall'anno 2013, aggiorna le tabelle di raffronto ivi previste, al fine di consentire alle regioni di garantire il conseguimento dei predetti obiettivi di risparmio, e conseguentemente, a decorrere dall'anno 2013 il tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, come da ultimo modificato dall'articolo 22, comma 3, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 è rideterminato nella misura del 12,5%;
c) ai fini di controllo e razionalizzazione della spesa sostenuta direttamente dal Servizio sanitario nazionale per l'acquisto di dispositivi medici, in attesa della determinazione dei costi standardizzati sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni che tengano conto della qualità e dell'innovazione tecnologica, elaborati anche sulla base dei dati raccolti nella banca dati per il monitoraggio dei consumi dei dispositivi medici direttamente acquistati dal Servizio sanitario nazionale di cui al decreto del Ministro della salute dell'11 giugno 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 2010, a decorrere dal 1° gennaio 2013 la spesa sostenuta dal Servizio sanitario nazionale per l'acquisto di detti dispositivi, tenuto conto dei dati riportati nei modelli di conto economico (CE), compresa la spesa relativa all'assistenza protesica, è fissata entro un tetto a livello nazionale e a livello di ogni singola regione, riferito rispettivamente al fabbisogno sanitario nazionale standard e al fabbisogno sanitario regionale standard di cui agli articoli 26 e 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68. Ciò al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi di risparmio programmati. Il valore assoluto dell'onere a carico del Servizio sanitario nazionale per l'acquisto dei dispositivi di cui alla presente lettera, a livello nazionale e per ciascuna regione, è annualmente determinato dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le regioni monitorano l'andamento della spesa per acquisto dei dispositivi medici: l'eventuale superamento del predetto valore è recuperato interamente a carico della regione attraverso misure di contenimento della spesa sanitaria regionale o con misure di copertura a carico di altre voci del bilancio regionale. Non è tenuta al ripiano la regione che abbia fatto registrare un equilibrio economico complessivo;
d) a decorrere dall'anno 2014, con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono introdotte misure di compartecipazione sull'assistenza farmaceutica e sulle altre prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale. Le misure di compartecipazione sono aggiuntive rispetto a quelle eventualmente già disposte dalle regioni e sono finalizzate ad assicurare, nel rispetto del principio di equilibrio finanziario, l'appropriatezza, l'efficacia e l'economicità delle prestazioni. La predetta quota di compartecipazione non concorre alla determinazione del tetto per l'assistenza farmaceutica territoriale. Le regioni possono adottare provvedimenti di riduzione delle predette misure di compartecipazione, purchè assicurino comunque, con misure alternative, l'equilibrio economico finanziario, da certificarsi preventivamente da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
(omissis)

Art. 18
Interventi in materia previdenziale
(omissis)
22. Ai fini della razionalizzazione e dell'unificazione del procedimento relativo al riconoscimento dell'invalidità civile, della cecità civile, della sordità, dell'handicap e della disabilità, le regioni, anche in deroga alla normativa vigente, possono affidare all'Istituto nazionale della previdenza sociale, attraverso la stipula di specifiche convenzioni, le funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari.
(omissis)

Art. 19
Razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica
(omissis)
11. L'organico dei posti di sostegno è determinato secondo quanto previsto dai commi 413 e 414 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, fermo restando che è possibile istituire posti in deroga, allorchè si renda necessario per assicurare la piena tutela dell'integrazione scolastica. L'organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole allo scopo costituite, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili; la scuola provvede ad assicurare la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe. A tale fine, nell'ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, viene data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili. Le commissioni mediche di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di valutazione della diagnosi funzionale costitutiva del diritto all'assegnazione del docente di sostegno all'alunno disabile, sono integrate obbligatoriamente con un rappresentante dell'INPS, che partecipa a titolo gratuito.
12. Il personale docente dichiarato, dalla commissione medica operante presso le aziende sanitarie locali, permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, su istanza di parte, da presentarsi all'Ufficio scolastico regionale entro 30 giorni dalla data di dichiarazione di inidoneità, assume, con determina del Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale competente, la qualifica di assistente amministrativo o tecnico. In sede di prima applicazione, per il personale attualmente collocato fuori ruolo ed utilizzato in altre mansioni, i 30 giorni decorrono dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il personale viene reimmesso in ruolo su posto vacante e disponibile, con priorità nella provincia di appartenenza e tenendo conto delle sedi indicate dal richiedente, sulla base di criteri stabiliti con successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca e mantiene il maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Le immissioni nei ruoli del personale amministrativo e tecnico sono comunque effettuate nell'ambito del piano di assunzioni previsto dalla normativa vigente in materia.
13. Il personale di cui al comma 12 che non presenti l'istanza ivi prevista o la cui istanza non sia stata accolta per carenza di posti disponibili, è soggetto a mobilità intercompartimentale, transitando obbligatoriamente nei ruoli del personale amministrativo delle Amministrazioni dello Stato, delle Agenzie, degli enti pubblici non economici e delle università con il mantenimento dell'anzianità maturata, nonchè dell'eventuale maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale pensionabile riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.
14. La mobilità di cui al comma 13 si realizza compatibilmente con le facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente per gli enti destinatari del personale interessato ed avviene all'interno della regione della scuola in cui attualmente il personale è assegnato, ovvero in altra regione, nell'ambito dei posti disponibili.
15. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, nonchè il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate le pubbliche amministrazioni destinatarie del personale di cui al comma 13, le procedure da utilizzare per l'attuazione della mobilità intercompartimentale, nonchè le qualifiche e i profili professionali da attribuire al medesimo personale.
(omissis)


Articolo 20
Nuovo patto di stabilità interno: parametri di virtuosità
1. A decorrere dall'anno 2012 le modalità di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica delle singole regioni, esclusa la componente sanitaria, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali del territorio, possono essere concordate tra lo Stato e le regioni e le province autonome, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e ove non istituito con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. Le predette modalità si conformano a criteri europei con riferimento all'individuazione delle entrate e delle spese da considerare nel saldo valido per il patto di stabilità interno. Le regioni e le province autonome rispondono nei confronti dello Stato del mancato rispetto degli obiettivi di cui al primo periodo, attraverso un maggior concorso delle stesse nell'anno successivo in misura pari alla differenza tra l'obiettivo complessivo e il risultato complessivo conseguito.
Restano ferme le vigenti sanzioni a carico degli enti responsabili del mancato rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e il monitoraggio a livello centrale, nonchè il termine perentorio del 31 ottobre per la comunicazione della rimodulazione degli obiettivi, nonchè le modalità e le condizioni per l’eventuale esclusione dall’ambito di applicazione del presente comma delle regioni che in uno dei tre anni precedenti siano risultate inadempienti al patto di stabilita` e delle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, con il supporto tecnico della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, monitora l'applicazione del presente comma. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 30 novembre 2011, sono stabilite le modalità per l'attuazione del presente comma
2. Ai fini di ripartire l’ammontare del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica fissati, a decorrere dall’anno 2013, dal comma 5, nonchè dall’articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, tra gli enti del singolo livello di governo, i predetti enti sono ripartiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro per gli affari regionali e per la coesione territoriale, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in quattro classi, sulla base dei seguenti parametri di virtuosità:
a) prioritaria considerazione della convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard;
b) rispetto del patto di stabilità interno;
c) incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente dell’ente in relazione al numero dei dipendenti in rapporto alla popolazione residente, alle funzioni svolte anche attraverso esternalizzazioni nonchè all’ampiezza del territorio; la valutazione del predetto parametro tiene conto del suo valore all’inizio della legislatura o consiliatura e delle sue variazioni nel corso delle stesse ai fini dell’applicazione del comma 2-ter;
d) autonomia finanziaria;
e) equilibrio di parte corrente;
f) tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale per gli enti locali;
g) rapporto tra gli introiti derivanti dall’effettiva partecipazione all’azione di contrasto all’evasione fiscale e i tributi erariali, per le regioni;
h) effettiva partecipazione degli enti locali all’azione di contrasto all’evasione fiscale;
i) rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e accertate;
l) operazione di dismissione di partecipazioni societarie nel rispetto della normativa vigente;
2-bis. A decorrere dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dalla definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere gli enti territoriali nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali, tra i parametri di
virtuosità di cui al comma 2 sono compresi indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell’offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità -costi.
(omissis)

Art. 27
Regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità
1. Per favorire la costituzione di nuove imprese da parte di giovani ovvero di coloro che perdono il lavoro e, inoltre, per favorire la costituzione di nuove imprese, gli attuali regimi forfettari sono riformati e concentrati in funzione di questi obiettivi. Conseguentemente, a partire dal 1° gennaio 2012, il regime di cui all'articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, si applica, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche:
a) che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione;
b) che l'hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007. L'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali prevista dal comma 105 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 è ridotta al 5 per cento. Il regime di cui ai periodi precedenti è applicabile anche oltre il quarto periodo di imposta successivo a quello di inizio dell’attività ma non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età.
2. Il beneficio di cui al comma 1 è riconosciuto a condizione che:
a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività di cui al comma 1, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;
b) l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
c) qualora venga proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore a 30.000 euro.
3. Coloro che, per effetto delle disposizioni di cui al comma 1, pur avendo le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non possono beneficiare del regime semplificato per i contribuenti minimi ovvero ne fuoriescono, fermi restando l'obbligo di conservare, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, i documenti ricevuti ed emessi e, se prescritti, gli obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi, sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, rilevanti ai fini delle imposte dirette e dell'imposta sul valore aggiunto, nonchè dalle liquidazioni e dai versamenti periodici rilevanti ai fini dell'IVA previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100. I soggetti di cui al periodo precedente sono altresì esenti dall'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
4. Il regime di cui al comma 3 cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui viene meno una della condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
5. I soggetti di cui al comma 3 possono optare per l'applicazione del regime contabile ordinario. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
6. Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono dettate le disposizioni necessarie per l'attuazione dei commi precedenti.
7. Il primo e il secondo periodo del comma 117 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono soppressi. Al terzo periodo le parole: "Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del periodo precedente," sono soppresse.
(omissis)

Art. 29
Liberalizzazione del collocamento e dei servizi
1. L'articolo 6 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è sostituito dal seguente:
"Art. 6 (Regimi particolari di autorizzazione) - 1. Sono autorizzati allo svolgimento delle attività di intermediazione:
a) gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, statali e paritari,a condizione che rendano pubblici e gratuitamente accessibili sui relativi siti istituzionali i curricula dei propri studenti all'ultimo anno di corso e fino ad almeno dodici mesi successivi alla data del conseguimento del titolo di studio;
b) le università, pubbliche e private, e i consorzi universitari, a condizione che rendano pubblici e gratuitamente accessibili sui relativi siti istituzionali i curricula dei propri studenti dalla data di immatricolazione e fino ad almeno dodici mesi successivi alla data del conseguimento del titolo di studio;
c) i comuni, singoli o associati nelle forme delle unioni di comuni e delle comunità montane, e le camere di commercio;
d) le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi controllate;
e) i patronati, gli enti bilaterali e le associazioni senza fini di lucro che hanno per oggetto la tutela del lavoro, l'assistenza e la promozione delle attività imprenditoriali, la progettazione e l'erogazione di percorsi formativi e di alternanza, la tutela della disabilità;
f) i gestori di siti internet a condizione che svolgano la predetta attività senza finalità di lucro e che rendano pubblici sul sito medesimo i dati identificativi del legale rappresentante;
1-bis. Al fine di incrementare il tasso di crescita dell’economia nazionale, ferme restando le categorie di cui all’articolo 33, quinto comma, della Costituzione, sentita l’Alta Commissione di cui al comma 2, il Governo formulerà alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche; trascorso il termine di otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero.
2. L'ordine nazionale dei consulenti del lavoro può chiedere l'iscrizione all'albo di cui all'articolo 4 di una apposita fondazione o di altro soggetto giuridico dotato di personalità giuridica costituito nell'ambito del consiglio nazionale dei consulenti del lavoro per lo svolgimento a livello nazionale di attività di intermediazione. L'iscrizione è subordinata al rispetto dei requisiti di cui alle lettere c), d), e), f), g) di cui all'articolo 5, comma 1.
3. Ferme restando le normative regionali vigenti per specifici regimi di autorizzazione su base regionale, l'autorizzazione allo svolgimento della attività di intermediazione per i soggetti di cui ai commi che precedono è subordinata alla interconnessione alla borsa continua nazionale del lavoro per il tramite del portale clic lavoro, nonchè al rilascio alle regioni e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di ogni informazione utile relativa al monitoraggio dei fabbisogni professionali e al buon funzionamento del mercato del lavoro.
4. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione il Ministero del lavoro e delle politiche sociali definisce con proprio decreto le modalità di interconnessione dei soggetti di cui al comma 3 al portale clic lavoro che costituisce la borsa continua nazionale del lavoro, nonchè le modalità della loro iscrizione in una apposita sezione dell'albo di cui all'articolo 4, comma 1. Il mancato conferimento dei dati alla borsa continua nazionale del lavoro comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2000 a euro 12000, nonchè alla cancellazione dall'albo di cui all'articolo 4, comma 1, con conseguente divieto di proseguire l'attività di intermediazione.
5. Le amministrazioni di cui al comma 1 inserite nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, svolgono l'attività di intermediazione senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.".
1-ter. Entro il 31 dicembre 2013 il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, approva, su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali; i programmi di dismissione, dopo l’approvazione, sono immediatamente trasmessi al Parlamento.
Le modalità di alienazione sono stabilite, con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, nel rispetto del principio di trasparenza e di non discriminazione. Il Ministro riferisce al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno sullo stato di attuazione del piano.
2. È istituita presso il Ministero della giustizia una Alta Commissione per formulare proposte in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche. Ai componenti della Commissione non spettano compensi o indennità. Alle spese di funzionamento della medesima si provvede a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente nel bilancio del Ministero della giustizia
3. L’Alta Commissione di cui al comma 2 è composta da esperti nominati dai Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. Dell'Alta Commissione devono fare parte esperti della Commissione europea, dell'OCSE e del Fondo monetario internazionale.
4. L'alta Commissione termina i propri lavori entro centottanta giorni dalla data entrata in vigore del presente decreto.

(omissis)

Art. 38
Disposizioni in materia di contenzioso previdenziale e assistenziale
1. Al fine di realizzare una maggiore economicità dell'azione amministrativa e favorire la piena operatività e trasparenza dei pagamenti, nonchè deflazionare il contenzioso in materia previdenziale, di contenere la durata dei processi in materia previdenziale, nei termini di durata ragionevole dei processi, previsti ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848:
a) i processi in materia previdenziale nei quali sia parte l'INPS, pendenti nel primo grado di giudizio alla data del 31 dicembre 2010, per i quali, a tale data, non sia intervenuta sentenza, il cui valore non superi complessivamente euro 500,00, si estinguono di diritto, con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente. L'estinzione è dichiarata con decreto dal giudice, anche d'ufficio. Per le spese del processo si applica l'articolo 310, quarto comma, del codice di procedura civile."
b) Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
1) dopo l'articolo 445 è inserito il seguente:
"Art. 445-bis (Accertamento tecnico preventivo obbligatorio). Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonchè di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell'articolo 442 codice di procedura civile., presso presso il Tribunale nel cui circondario risiede l’attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell'articolo 696 - bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonchè secondo le previsioni inerenti all'accertamento peritale di cui all'articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all'articolo 195.
L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l'accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell' istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.
La richiesta di espletamento dell'accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio.
In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell'articolo 196 con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell'ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile nè modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
Le sentenze pronunciate nei giudizi di cui al comma precedente sono inappellabili.";
2) all'articolo 152 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tale fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivo. »;
c) all'articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo il comma 35-quater, è aggiunto il seguente: "35-quinquies. Gli enti previdenziali provvedono al pagamento delle somme dovute a titolo di spese, competenze e altri compensi in favore dei procuratori legalmente costituiti esclusivamente attraverso l'accredito delle medesime sul conto corrente degli stessi. A tal fine il procuratore della parte è tenuto a formulare richiesta di pagamento delle somme di cui al periodo precedente alla struttura territoriale dell'Ente competente alla liquidazione, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o posta elettronica certificata, comunicando contestualmente gli estremi del proprio conto corrente bancario e non può procedere alla notificazione del titolo esecutivo ed alla promozione di azioni esecutive per il recupero delle medesime somme se non decorsi 120 giorni dal ricevimento di tale comunicazione.";
d) al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970 n. 639, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
1) all'articolo 47 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte.";
2) dopo l'articolo 47 è inserito il seguente:
"47-bis. 1. Si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorchè non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonchè delle prestazioni della gestione di cui all'articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni.".
2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera b), numero 1), si applicano dal 1° gennaio 2012.
3. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettera b), numero 2), e per i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, la dichiarazione relativa al valore della lite deve essere formulata nel corso del giudizio.
4. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera c) e d), si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, all'allegato A del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è soppressa la voce n. 2529.
6. Al regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, dopo l'articolo 12 è inserito il seguente:
"12-bis. (Notifica mediante pubblicazione telematica) 1. Con riferimento alle giornate di occupazione successive al 31 dicembre 2010, dichiarate dai datori di lavoro e comunicate all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ai sensi dell'articolo 6, commi 1, 3 e 4, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n.375, per gli operai agricoli a tempo determinato, per i compartecipanti familiari e per i piccoli coloni, gli elenchi nominativi annuali di cui all'articolo 12 sono notificati ai lavoratori interessati mediante pubblicazione telematica effettuata dall'INPS nel proprio sito internet entro il mese di marzo dell'anno successivo secondo specifiche tecniche stabilite dall'Istituto stesso.".
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono soppressi gli elenchi nominativi trimestrali di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 1º ottobre 1996, n.510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n.608. In caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell'elenco nominativo annuale, l'INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione, con le modalità telematiche previste dall'articolo 12-bis del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione. Agli eventuali maggiori compiti previsti dal presente comma a carico dell'INPS si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
8. All'articolo 10, comma 6 - bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole da: "formulata" a: "competente "sono sostituite dalle seguenti: “del consulente nominato dal giudice, il quale provvede ad inviare, entro 15 giorni antecedenti l'inizio delle operazioni peritali, anche in via telematica, apposita comunicazione al direttore della sede provinciale dell'INPS competente o a suo delegato. Alla relazione peritale è allegato, a pena di nullità, il riscontro di ricevuta della predetta comunicazione. L'eccezione di nullità è rilevabile anche d'ufficio dal giudice. Il medico legale dell'ente è autorizzato a partecipare alle operazioni peritali in deroga al comma primo dell'articolo 201 del codice di procedura civile”.

(omissis)


Art. 40
Disposizioni finanziarie
1. La dotazione del fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, è incrementata di 835 milioni di euro per l'anno 2011 e di 2.850 milioni di euro per l’anno 2012. Le risorse finanziarie di cui al primo periodo per l'anno 2012 sono destinate all'attuazione della manovra di bilancio relativa all'anno medesimo.
1-bis. Gli accantonamenti disposti, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, dall’articolo 1, comma 13, terzo periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, sono resi definitivi con le modalità ivi previste. Le entrate previste dal primo periodo del citato comma 13 sono conseguentemente destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
1-ter. I regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale di cui all’allegato C-bis sono ridotti del 5 per cento per l’anno 2013 e del 20 per cento a decorrere dall’anno 2014. Per i casi in cui la disposizione del primo periodo del presente comma non sia suscettibile di diretta ed immediata applicazione, con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità tecniche per l’attuazione del presente comma con riferimento ai singoli regimi interessati.
1-quater. La disposizione di cui al comma 1-ter non si applica qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonchè la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, tali da determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro per l’anno 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014.
2. Alle minori entrate e alle maggiori spese derivanti dall'articolo 13, comma 1, dall'articolo 17, comma 6, dall'articolo 21, commi 1, 3 e 6, dall'articolo 23, commi 8, da 12 a 15, 44 e 45, articolo 27, articolo 32, comma 1, articolo 33, comma 1, articolo 31, articolo 37, comma 20, articolo 38, comma 1, lettera a), e dal comma 1 del presente articolo, pari complessivamente a 1.817,463 milioni di euro per l’anno 2011, a 4.427,863 milioni di euro per l’anno 2012,a 1.435,763 milioni di euro per l'anno 2013, a 1.654,563 milioni di euro per l'anno 2014, a 1.642,563 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.542,563 milioni di euro per l'anno 2016, a 542,563 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, si provvede rispettivamente:
a) quanto a 1.490,463 milioni di euro per l’anno 2011, a 1.314,863 milioni di euro per l’anno 2012, a 435,763 milioni di euro per l'anno 2013, a 654,563 milioni di euro per l'anno 2014, a 642,563 milioni di euro per l'anno 2015, a 542,563 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 23 e dell'articolo 24;
b) quanto a 162 milioni di euro per l'anno 2011 e a 2.181 milioni di euro per l'anno 2012, mediante utilizzo di quota parte delle minori spese recate dall'articolo 10, comma 2, dall'articolo 13, commi da 1 a 3, dall'articolo 18, commi 3 e 5, e dall'articolo 21, comma 7;
c) quanto a 932 milioni di euro per l'anno 2012 e a 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, mediante corrispondente utilizzo delle proiezioni, per i medesimi anni, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 2 milioni di euro per l'anno 2012, l'accantonamento relativo al medesimo Ministero, e, quanto a 930 milioni di euro per l'anno 2012 e a 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
d) quanto a 165 milioni per l'anno 2011 mediante corrispondente versamento al bilancio dello Stato per pari importo, di una quota delle risorse complessivamente disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta, esistenti presso la contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate - Fondi di Bilancio ».
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.